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26Mar

Semplicità e Dolcezza Disarmanti ne “Il Piccolo Mondo” di Aida Messina…

Guardare fuori dalla finestra solitamente è facile, guardare dentro noi stessi lo è un po’ meno…
Il mondo di oggi ci porta a camminare, a guardare avanti, spesso con ritmi sempre più intensi e a volte frenetici. Proprio perché viventi e non morti, tutto il nostro essere è un continuo movimento: un’alchimia tra cuore, mente, cervello, impulsi, ragione, sentimento, materia, spirito… un moto quasi perpetuo che ci fa muovere, sussultare, cadere, rialzarci, correre.
Come un’auto col motore acceso, siamo protesi in avanti. Di fronte quella strada, quel viaggio. Cosa sarebbe un’auto però senza i comandi interni? E come potrebbe guidare il conducente senza guardare le spie e usare i comandi giusti o cambiare le marce mettendosi in ascolto del motore stesso? La risposta, più che ovvia, risulta facile da applicare su un veicolo mentre, quando la si deve applicare su noi stessi, spesso può risultare parecchio complicata.
Per crescere, maturare e fare le scelte per la vita bisogna prima di tutto mettersi in ascolto, non tanto del mondo esterno, quanto di noi stessi. E farlo, non solo non è facile, ma implica un volersi mettere in gioco, lasciare il proprio modo di agire infantile per cambiare strada. Con tale spirito si legge delle vicende narrate nel romanzo “Il Piccolo Mondo”, della scrittrice ventiseienne Aida Messina, pubblicato nel 2015 dalla casa editrice Europa edizioni.
Il libro è stato presentato lo scorso autunno presso la libreria Volta Pagina di Catania dalla professoressa Amalia Giordano, la quale ha affascinato i presenti illustrando la storia, raccontando dei personaggi e svelando le numerose chiavi di lettura del testo. Questo narra la storia di una ragazza di nome Erica, chiamata quasi sempre dall’autrice “la piccola Ery”, descrivendo gli avvenimenti vissuti da questa nel periodo della sua adolescenza fino ai ventiquattro anni circa. Le vicende si svolgono tra Grammichele, paese dove risiede, e altri luoghi della Sicilia d’importanza non minore per il suo percorso di crescita, come Catania, una località chiamata l’Aquila vicino Grammichele, Pedara, il Pime di Massannunziata e altri.
La storia vede, oltre alla piccola Ery, anche una serie di personaggi con i quali la protagonista intreccia la sua vita. Nei vari capitoli questa studierà, si diplomerà, troverà l’amore, scoprirà il suo spiccato istinto materno e la sua predilezione per i bambini e cosa desidera fare nella vita. Importante, quasi fondamentale, nel suo percorso, la scoperta di Adriana, una sorella maggiore della cui esistenza Erica e la sua famiglia erano ignari e il rapporto speciale che si viene a creare fra le due. Rapporto che sarà di grande aiuto per la giovane.
Erica è una ragazza molto sensibile, a tratti infantile e all’apparenza timida e introversa, ma ciò che si nasconde dietro i suoi silenzi e quella timidezza spesso incompresa dai suoi coetanei, sono insicurezze e dispiaceri dovuti ad ingiustizie ed angherie che da piccola aveva subìto da parte del fratello Damiano e di Gianni, compagno di giochi di questo. La ragazza ha un animo nobile e, nonostante le apparenze, nasconde un grande coraggio che la aiuterà a guardarsi dentro e a trovare la fiducia in se stessa, necessaria per compiere quei passi che determinano la crescita e l’acquisizione della maturità da parte degli individui.
Dall’emarginazione subita da parte delle sue compagne di corso scoprirà l’amicizia, nuovi gruppi e, cosa non meno importante (tutt’altro), accrescerà la personale fede in Dio, coltivandola e approfondendola anche durante un ritiro presso il complesso del Pime di Massannunziata. Introducendo il libro, la professoressa Giordano ha parlato fin dall’inizio dello stile alquanto particolare dell’autrice.
La scrittrice, infatti, usa un linguaggio genuino, sganciato dai comuni giri di parole. L’utilizzo di frasi quasi sempre brevi e spesso volutamente molto semplici, conferiscono alla lettura un taglio del tutto singolare, rendendo il romanzo accessibile a tutte le tipologie di lettori, compresa la fascia occupata dal pubblico dei più giovani. Riescono con una semplicità quasi disarmante a passare e a essere trattate facilmente tematiche complesse quali l’emarginazione e il bullismo fra giovani. Il continuo rievocare da parte della protagonista di sensazioni, ricordi dal passato, emozioni e racconti non per niente facili da esporre, fanno sì che si crei nel lettore nei confronti del personaggio un rapporto di “insolita comprensione”, riuscendo a generare in poco tempo e con estrema facilità riflessioni spesso profonde. Altre note particolari nello stile della scrittrice Messina, come ha fatto notare la professoressa Giordano, sono l’utilizzo delle descrizioni dei luoghi, dei personaggi, in modo particolare, di come si presentano e dello stile col quale vestono, nonché dell’attenzione minuziosa ai dettagli operata per catapultare il lettore nel racconto e con una “precisione quasi chirurgica” far percepire alla sua immaginazione addirittura il volto del personaggio.
Non meno caratteristico, l’uso di epiteti per parlare dei personaggi, come “la piccola Ery” per la protagonista, “Adriana l’imprenditrice” per la sorella, “Daniele il Karateca” per il fidanzato della protagonista, “Francesco il futuro avvocato” per il fidanzato innamorato della sorella Adriana ed ex spasimante non corrisposto della protagonista, “il Proprietario” in riferimento al padre di Erica; di quest’ultimo non verrà mai rivelato il nome, ma verrà utilizzato tale epiteto dall’autrice durante tutto il corso della storia. Toccante inoltre il tocco di dolcezza che la scrittrice dona alle figure principali o positive del racconto ma, soprattutto, la dolcezza con la quale fa esprimere la piccola Ery che rimarrà “piccola” quasi esclusivamente di nome e che finirà per contagiare con la sua dolcezza pure Daniele, Adriana e Francesco.
L’autrice, ispirandosi spesso a fatti accaduti nella vita reale e a lei medesima, parla delle motivazioni che l’hanno spinta a scrivere: proprio quella ricerca e quel desiderio di semplicità, di genuinità e di purezza che sempre di più sono carenti nella società di oggi.
Sono quella semplicità e quella dolcezza che riecheggiano durante tutta la lettura nel cuore di chi legge, quasi come un suono catartico. Ultima parola utilizzata per concludere il romanzo è “Dio”, quasi come ringraziamento, non tanto da parte della protagonista Erica quanto principalmente da parte dell’autrice Aida Messina, persona particolarmente dolce, profonda, sensibile e spirituale nell’approccio col prossimo. Il finale della storia, sebbene riesca a “reggersi in piedi”, lascia una sorta di spazio vuoto, pronto ad essere riempito dall’autrice che, ha anticipato, sta già lavorando ad una seconda parte della storia. Guardare fuori dalla finestra solitamente è facile, guardare dentro noi stessi lo è un po’ meno…
Eppure, se permettiamo alla semplicità e alla dolcezza di guidare lo sguardo e di posizionare la lente del nostro obbiettivo sui contorni del cuore, riusciremo senza dubbio a scorgere in noi nuovi orizzonti e a scoprire infiniti e sconfinati paesaggi  in chi incontriamo durante il  percorso della nostra vita.

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