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Acido acetilsalicilico e malattie neurodegenerative

I suoi effetti antipiretici, analgesici, antiinfiammatori e antiaggreganti ne costituiscono, com’è noto, la principale indicazione terapeutica, tuttavia l’acido acetilsalicilico, con  i suoi derivati, sembra possedere ulteriori potenzialità che la ricerca scientifica sta contribuendo a mettere in luce. Se recenti evidenze ne avevano ipotizzato una funzione anti-tumorale, sostenendo una sua funzione preventiva, fra gli altri, nel carcinoma colo-rettale nei soggetti tra 50 e 69 anni a rischio di disturbi cardiovascolari, una ricerca condotta alla John Hopkins University di Baltimora ha spostato l’attenzione verso un suo ruolo protettivo nei confronti delle malattie neurodegenerative.

Le malattie neurodegenerative sono note per l’essere, nella maggior parte dei casi, incurabili e fortemente debilitanti. Esse si attestano più frequentemente con l’avanzare dell’età, costituiscono una parte molto consistente della spesa sanitaria e i trattamenti ad esse rivolti sono, per lo più, di scarsa efficacia e di tipo sintomatico.

Già alla fine degli anni Novanta e nei primi anni Duemila si era parlato di un ruolo degli antiinfiammatori nella neuroprotezione: il meloxicam, testato sui topi trattati con un agente neurotossico specifico (MPTP), aveva dimostrato una protezione nei confronti della perdita di dopamina nello striato e della perdita neuronale di sostanza nera, mentre l’aspirina si era mostrata in grado di antagonizzare la neurotossicità da glutammato, interferendo con le Nfkb/Rel, proteine coinvolte nel meccanismo di degenerazione mediata da questo neurotrasmettitore. Questi studi avevano portato a pensare ad una “aspirina cerebrale”, da somministrare con finalità preventive a quei pazienti che, per familiarità o per ragioni ambientali, sono a rischio di patologie a carico del cervello, oppure da utilizzare come terapia nelle fasi precoci per limitare i danni di un processo patogenetico già in atto.

Lo studio pubblicato da pochi giorni evidenzia, invece, come l’acido acetilsalicilico sia in grado di bloccare l’azione dell’ enzima GADPH (gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi), coinvolto in diverse malattie neurodegenerative come il Parkinson, l’Alzheimer e la corea di Huntington. Tale enzima, appartenente alla classe delle ossido-reduttasi e coinvolto nel metabolismo del glucosio (mediando la fosforilazione ossidativa della gliceraldeide-3-fosfato in presenza di fosfato inorganico e di NAD), in presenza di radicali liberi tende a penetrare nelle cellule nervose, all’interno delle quali aumenta il ricambio di proteine, portando alla morte cellulare. La conoscenza del coinvolgimento di questo enzima nella patogenesi del morbo di Parkinson ha già permesso di mettere a punto il Deprenyl, farmaco attualmente presente sul mercato.

I ricercatori di questo studio hanno, inoltre, dimostrato che  i salicilati estratti dalla liquirizia o prodotti in laboratorio possano garantire risultati ancora più sorprendenti in quanto dotati di un’azione GADPH inibente ancora più significativa rispetto a quella dell’acido acetilsalicilico stesso. Uno degli autori, il Prof. Snyder, ha commentato così : “L’enzima GAPDH, a lungo pensato per funzionare solo nel metabolismo del glucosio, è ormai noto per partecipare alla segnalazione intracellulare. Il nuovo studio stabilisce che il GAPDH è un bersaglio per i farmaci salicilati relativi all’aspirina, e, quindi, possono essere rilevanti per le azioni terapeutiche di tali farmaci”.

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